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A. Cittadella-Vigodarzere Guida di Padova 1842

ESTE

Este o l’Ateste dell’antica Venezia sembra essere stata eretta dagli Euganei 1200 anni circa prima dell’era volgare quando cacciati da Antenore condottiere degli Eneti furono costretti ad abbandonare le loro sedi ed a ritirarsi nei vicini monti. Parecchie sono le etimologe della voce Ateste: ma sembrano dar nel segno sopra ogni altro quelli che traggono dal fiume Athesis il quale correva rasente la città con largo vantaggio ai commerci di quel popolo. Alcuni monumenti ritrovati presso ad Este nel secolo scorso [XVIII] ne raffermano la greca origine. In processo di tempo la vicinanza dei due territorii euganeo ed eneto o veneto, la vicendevole sollecitudine di questi due popoli nel tener fronte prima agli Etrusci, poscia ai Galli, accomunò loro il nome e Veneti ambidue si appellarono. L’anno 529 di Roma Este insieme colle altre città venete si federò ai Romani contro ai Galli, somministrando quel numero di soldati che rispondeva ai bisogni e alla ragione della sua provincia, perché ogni città della Venezia si reggeva da se.
Continuò Este e la Venezia a vivere collegata co’ Romani, finché dopo la seconda guerra punica estesero essi in Italia il loro dominio ed anche sulla Venezia. Ecco Este per tanto soggetta a Roma, ma non privata delle sue leggi, tranne le contrarie all’indole della legislazione romana, e solamente legata di dipendenza al proconsole mandato da Roma nella Venezia detta Gallia Cisalpina quando i Romani conquistarono questa provincia e ne allargarono il nome alla vicina e meno ampia Venezia. Anche ad Este come alle città venete fu conceduto il gius del Lazio circa l’anno 665 di Roma cioè la condizione di colonia, dopo che gli altri Italiani mercè la guerra sociale ottennero la cittadinanza romana, grado per opera di Cesare concesso poscia parimente a Venezia. Divenuta allora municipio Este apparteneva alla tribù romulia, la prima delle rustiche e la prima nei comizi a dare i suffragi. L’anno 723 di Roma molte città italiane per volere di Augusto furono costituite colonie a fine di gratificare ai soldati, e fra le si fatte si novera Este.
La lingua e i costumi degli Estensi da prima furono greci, perché di provenienza euganea. In seguito dalle favelle degli Eneti, degli Etruschi e dei Carnii sembra essere nato un mescuglio di favelle in tutta la Venezia, del quale per altro non si ha veruni ndicio; finché Roma, oltra che il proprio governo, vi introdusse anche il proprio linguaggio che maggiormente vi si dilatò quando alla Venezia fu accordata la cittadinanza romana. Il simigliante dicasi del vestito e dei nomi di famiglia che molti si piacquero di prendere dalla città dominante.
I cittadini vi si partivano in due classi, vale a dire ordine e plebe, lo che suonava decurioni e popolo; aveanvi i duumviri a rendere ragione ed un prefetto che ne teneva le veci quando non v’era chi accettasse il carico de’ duumviri. Aveva Este i suoi Augustali così chiamati perché ministravano gli onori divini decretati ad Ottaviano Augusto dopo la sua morte, in capo ai quali stavano i seviri, che anche avevano parte nel governare le bisogne urbane.
Nella guerra fra Vespasiano e Vitellio Este seguì la fazione di quello, lo che dagli storici è particolarmente avvertito come di città degna di nota.
Introdottasi in Este, come nelle altre città della Venezia, per opera di s. Prosdocimo la religione cristiana, vi stette da principi celata, e solamente nel terzo secolo cominciò ad avere pubblica professione. Non abbiamo memoria di vescovi estensi, ma la importanza della città induce a credere che al paro delle altre dovesse averne pur ella, finché, dopo i danni che le portarono le barbarie dei tempi e le inondazioni dell’Adige, fu distrutta interamente da Attila alla metà del quinto secolo e perdette allora la sede vescovile.
Quando i Langobardi divennero pacifici possessori di tutta l’antica Venezia cominciò Este a rifarsi paese ed a crescere di popolazione, aggiungendovi i coloni langobardi agli abitatori indigeni; sì bene Este dipendeva allora da Monselice.
Sembra che dagli Adalberti duchi e marchesi della Toscana nel nono o decimo secolo discenda la famiglia dei signori estensi ed abbia quindi origine longobarda e che l’imperatore Ottone III le concedesse il dominio di Este e di altri luoghi vicini, senza ch’ella per altro vi stabilisse tosto dimora.

Fu Alberto-Azzo II che dopo la morte di Arrigo III vi fermò la sua stanza, e che questa città si levò allora dall’abbietta condizione in cui la gittarono le passate vicissitudini. Vi sorse il palazzo della famiglia dominante a poca distanza dal colle sulla riva del fiume che allora correva diritto, il castello di cui si veggono ancora parecchi avanzi, e la rocca senza che la terra fosse circondata di mura e di terrapieni.
Alcuni documenti del secolo duodecimo ci traggono a stimare che sebbene i signori d’Este ne tenessero il freno, pure il popolo formasse comunità rappresentata dai consoli, i quali presso il dominatore della terra esercitavano l’ufficio stesso che da noi presso il podestà trattando gl’interessi del Comune. I signori d’Este erano indipendenti da ogni giurisdizione, tranne la sovranità degli imperadori, ed avevano il titolo di marchesi, l’origine del quale non è a bastanza determinata; la più antica manifestazione di questo titolo vedesi in un privilegio dell’imperatore Federico dell’anno 1165. E qui si avverta che i marchesi d’Este hanno i principii comuni coi duchi di Baviera e di Brunswich, i quali per ragioni di retaggi femminili passati dall’Italia in Alemagna continuarono lungo tempo ad avere diritti su d’Este e sui paesi di questo dominio, finché lo rinunciarono con vincolo feudale ai marchesi nella metà del duodecimo secolo. Di que’ tempi cominciò Este ad afforzarsi di mura e di terrapieni muniti di torrioni e di torricelle; ebbe quattro porte, e nei primi anni del secolo decimoquinto si alzarono in giro sopra i terrapieni le mura che in buona parte si mantengono ancora.
La giurisdizione dei marchesi estensi era di doppia maniera: alcuni diritti li riconoscevano dall’imperio, come quelli sulle paludi, sui fiumi, sulle strade; altri erano in parte di loro ragione, in parte della comunità cioè i beni comunali nei monti, nelle pianure e nei boschi, di guisa che antico è il possesso della comunità estense ne’ suoi averi. I sapientes o i consiglieri amministravano la giustizia, tenevano i loro placiti nel palazzo pubblico; il consiglio componevasi di sessanta cittadini, poi di quarant’otto;i consoli erano i capi del Comune.
Marchesella della famiglia Adelardi, conti di Ferrara, promessa in isposa ad Azzolino d’Este valse ai signori d’Este il dominio di quella città. Campeggiavano gli Estensi tra le più ragguardevoli famiglie d’Italia, quando Aldobrandino nell’anno 1213 vide assaltata Este dai Padovani che pretendevano diritti di giurisdizione su quella terra. Acerrima fu la prova dell’armi dall’una banda e dall’altra, il paese ne rimase sbattuto, e finalmente dovette  Aldobrandino arrendersi, cedendo ai Padovani il suo marchesato composto del distretto estense e di quello della Scodosia cioè di Montagnana, ed obbligandosi a prendere la cittadinanza di Padova, lo che importava federarsi e in pari tempo sommettersi a questa città. Se non che, tra per due concessioni di Federico II e per lo scadimento della repubblica padovana sotto la tirannide di Eccelino, i signori d’Este rinfrancarono la loro giurisdizione, e quando Padova tornò a libero reggimento concesse loro ogni facoltà che aver potesse il Comune di Padova nelle terre contese, obbligando per altro i marchesi ad alcune dipendenze di soggezione. Intanto Padova andò a mano a mano accrescendo la sua influenza su d’Este, e l’anno 1294 perdettero interamente i marchesi il dominio di Este per la guerra che mossero loro i Padovani, nella quale caddero molte castella e la rocca medesima d’Este, che fu poi rifabbricata l’anno 1343 da Ubertino Carrarese. Este perdette in questa guisa ogni rappresentanza di governo proprio e soggiacque da prima al Comune di Padova finché questo si mantenne a popolo, poscia obedì quando agli Scaligeri, quando ai Carraresi, e l’anno 1405 diedesi alla repubblica veneziana, ottenendo la conservazione degli statuti municipali, e la indipendenza da Padova e da ogni altra città dello stato.
La città d’Este novera nel suo comune oltre a 10.000 abitanti; Hannovi Commissariato distrettuale e Pretura di prima classe, Congregazione municipale, Conservazione delle ipoteche, registro e tasse, Dispensa distrettuale delle mercanzie di R. privativa, Ispettorato distrettuale scolastico ed altri ufficiii di condizione cittadina.
La chiesa arcipretale costrutta ad ellisse rinserra bellissimi altari marmorei, fra i quali è specialmente degno di nota quello del ss. Sacramento ed il maggiore foggiato alla romana: nel coro vuolsi ammirare s. Tecla dipinta da Tiepoletto nell’atto di chiedere a Dio la liberazione dalla pestilenza avvenuta l’anno 1480; e nella sacrestia un s. Gaetano opera del medesimo autore. S. Maria delle Grazie, chiesa parrocchiale, soverchia l’altra di ampiezza e presenta simmetriche proporzioni non senza eleganza in qualche altare; vi si vede il Martirio di s. Sebastiano condotto dal Galfitti. In s. Maria delle Consolazioni è l’imagine di Nostra Donna uscita dal pennello di Cima da Conegliano. La chiesa di s. Stefano ha pure una Madonna del cav. Liberi, e l’altra di s.Martino il Martirio di s. Lorenzo della scuola del Tintoretto. Anche il tempio della Beata Vergine della Salute di forma rotonda e di buon disegno merita la visita del forestiere; come fra i non pochi oratorii spicca di merito quello de’ ss.Giacomo e Filippo Neri.
Il palazzo dei signori estensi, detto del castello, è bel monumento a ricordare la grandezza di questa famiglia: la caserma erariale, altra volta convento de’ PP. Francescani, è di così svelto disegno che ingenerò in alcuni il falso avviso di tenerlo per palladiano. Il teatro ricostrutto sulle ceneri dell’antecedente ed aperto l’anno 1835, di giusti limiti acconci all’uopo del paese, è ravvivato dalle tinte dell’Orsi con figure del Santi.
Il Monte di Pietà di solidissima e bene assestata architettura è governato da un’amministrazione che intende con larghi provedimenti non solo all’urgente bisogno dei cittadini, ma pure alle dotazioni di alcune donzelle. Lo spedale civile arricchito, non hanno molti anni, della sostanza lasciatagli per disposizione testamentaria da mons. Nicolò Scarabello sopperisce all’uopo di non pochi infermi; ed un asilo ai vecchi privi di alimento e di tetto potrà fra non molto ricettarne buon numero mercè le vigili cure di apposita Commissione e la liberalità dei benefattori.
Este ha un pubblico ginnasio con un collegio convitto a spendio del Comune, le scuole elementari maschili per tutte e tre le classi ed una più popolana per la sola prima classe. Anche le fanciulle hanno pubblico insegnamento, e vi si contano parecchie scuole private a vantaggio di ambedue i sessi; delle quali utilissime istituzioni il merito principale è da riferire all’egregio sig. Vincenzo Fracanzani che tenne per più anni le redini del municipio. Vi si vede una tipografia con torchi di recente costruttura e con caratteri di forme differenti: ma ciò che più attira lo sguardo del dotto osservatore si è il museo raccolto con industre vicenda di patrio amore e di sapiente diligenza dallo stesso Fracanzani, ove segnatamente devesi fermar l’occhio alla lapida trovata in Venda.
Giocondata dai prossimi colli, sotto un cielo bellissimo, bagnata da un canale, Este a dì per dì vede prosperare di crescente vegetazione il suo territorio così montano come di pianura: in quello le viti e gli olivi fanno a gara nel retribuire alle diligenze degl’industri posseditori; in questo oltre a’ cereali, alla canapa ed alla verzura, i gelsi preparano largo alimento all’uopo di molte bigattiere; e la vastissima risaia del co. Mocenigo merita d’essere veduta non solo per la sua fecondità, ma insieme per le belle fabbriche rurali e per le macchine che ne ricettano e ne compiono il prodotto all’uopo del traffico.
Ad ogni sabato si rinova in Este il mercato ricchissimo di biade e norma ai prezzi degli altri finitimi. Dei quattro i due sabati alterni di ciascun mese vi chiamano gran copia di buoi e d’altri animali: una fiera annua di cinque giorni nella seconda metà di settembre vi attira di molta gente. Due fabbriche di stoviglie in maiolica ed altre di minor conto accrescono la prosperità del paese, come pure la giova il lavorio delle corde, dal quale trasse il nome una contrada detta Canevedo.

Fine del viaggio.

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A. Cittadella-Vigodarzere Guida di Padova 1842

 

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Museo di Este

1829, Vincenzo Fracanzani è nominato podestà di Este;
1833, in una lettera indirizzata a Francesco Trevisan-Quarti dichiara, riferendosi ai monumenti di cui Este è ricca,  di aver «in animo di raccoglierli fra non molto in un luogo appartato a guisa di patrio museo»;
1834, il comune acquista "con notevole dispendio" la collezione che Isidoro Alessi aveva riunito nella sua casa nel XVIII secolo; è il primo nucleo del museo;
Paolo di Haugwitz, ciambellano di Sua Maestà il Re di Prussia, dona la collezione Contarini (acquistata nel 1821) formatasi agli inizi del XVII secolo presso la "Vigna" di Giorgio Contarini, procuratore di S. Marco;
sede del museo: la chiesa di S. Maria dei Battuti;
Fracanzani affida il museo alle cure di Eugenio Gasparini, bidello di scuola, ed incarica il prof. Giuseppe Furlanetto, docente prima nel Seminario di Padova e poi all'Università, di redigerne il catalogo che comprende 89 pezzi;
1860, muore Fracanzani;
1867, il museo è visitato da Teodoro Mommsen che gli dedica un capitolo in un suo libro;
1873, muore Gasparini;
1874, dopo una breve reggenza affidata all'abate Francesco Soranzo, viene nominato conservatore Alessandro Prosdocimi, professore di storia e geografia nella Scuola Tecnica, segretario del Gabinetto di lettura, già nominato dal 1873 con Decreto Ministeriale "ispettore onorario pei monumenti e scavi dei distretti di Conselve, Este, Montagnana e Monselice;
1876, maggio, a Canavedo, in un podere di proprietà Boldù-Dolfin, sono scoperte casualmente sette tombe che rivelano l'esistenza di una civiltà atestina precedente ai Romani; il Prosdocimi ne dà notizia nelle «Notizie degli Scavi», il più prestigioso periodico archeologico italiano, appena fondato;
1877, si succedono le campagne di scavi sistematici nelle aree di necropoli individuate tutt'intorno al centro abitato;
1880, gennaio, viene scoperta Villa Benvenuti, contenente la famosa situla definita "il poema dei paleoveneti"; 
al museo inizia la sua collaborazione volontaria Alfonso Alfonsi; si consolida in questi anni l'amicizia di Prosdocimi con i fratelli Tommaso e Leo Benvenuti, generosi mecenati dell'archeologia atestina, con l'avv. Giacomo Pietrogrande, docente di lettere nel liceo di Este, vice presidente della R. Deputazione di Storia Patria, socio corrispondente dell'Istituto Germanico di Roma, con Gherardo Ghirardini ispettore (1881-85) della giovane Amministrazione delle Antichità e Belle Arti a Roma e a Firenze; 24 maggio, il consiglio comunale approva il "Regolamento pel servizio del Civico museo Euganeo-Romano di Este": il personale del museo è composto da un Conservatore, da un Vice conservatore, da un Custode, da una Commissione di Patronato (presidente Leo Benvenuti) e da una Commissione Tecnica;
1884, il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici approva il progetto di adattamento, come sede del museo,  dell'antico Palazzo Mocenigo [costruito nel XVI secolo sulle rovine del trecentesco castello di Umbertino da Carrara, che occupava l'area del primitivo castello marchionale di Alberto Azzo II d'Este], presentato dall'ing. estense Giuseppe Riccoboni;
1887, 31 marzo, Prosdocimi è nominato, con Decreto Reale, vice direttore nei Musei e Gallerie Nazionali e, con Decreto minist. incaricato della direzione del Museo Nazionale Atestino; 3 aprile, con Decreto Reale viene istituito il Museo Nazionale Atestino; la contrarietà del partito clericale alla nazionalizzazione del museo, provocherà nei tre anni successivi vari intralci all'opera del direttore; 
1890, il sindaco Agostino Verdi procede alla consegna al Regio Governo delle collezioni del Museo Civico di Este e della parte di Palazzo Mocenigo destinato a sede del Museo Nazionale Atestino;
1900, Ghirardini viene nominato Soprintendente alla neocreata Soprintendenza ai Musei e agli Scavi di antichità del Veneto, dove rimase fino al 1907;
1902, 6 luglio, si celebra l'inaugurazione del museo; sono presenti:
- on. Nasi, ministro della Pubblica Istruzione,
- on. Barnabei,  deputato, ex dir. gen. per le Antichità e Belle Arti,
- cav. Pietro Tono, sindaco di Este,
- G. Ghirardini,  soprintendente;
seguono: un banchetto, uno spettacolo pirotecnico, una gita ad Arquà, una mostra d'arte e industria locale; a tutti gli invitati il sindaco offre un album con 20 tavole fototipiche «Este e il suo museo»; viene coniata una medaglia commemorativa dal T.C.I., scritta un'ode da Gaetano Sartori Boratto, presentata una biografia del conte Fracanzani da Francesco Franceschetti, una breve guida Brevi cenni del Museo Nazionale Atestino dedicata all'Alfonsi (con D.R. 1 luglio 1902, nominato "soprastante straordinario" al museo con lo stipendio annuo di 1500 lire), una Guida sommaria del R. Museo Atestino in Este, limitata alla sezione romana, da Prosdocimi
1903, l'Alfonsi è nominato, con Decreto Reale, conservatore nel ruolo del personale per la conservazione dei monumenti;
1909, Prosdocimi, stanco e ammalato, lascia il museo [morirà il 6 luglio 1911 nella sua casa di Gaiarine presso Treviso]: la reggenza viene affidata all'Alfonsi;
1920, muore Ghirardini [sua figlia Lavinia aveva sposato nel 1910 Andrea Prosdocimi, figlio di Alessandro];
1921, il Ministero conferisce all'Alfonsi l'incarico di direttore del museo [la mancanza di un titolo di studio specifico ne aveva ostacolato finora la carriera];
1922, a 60 anni Alfonsi muore; ottobre, l'allora soprintendente Gino Fogolari commemora i tre in un discorso memorabile;
1922-47, è il momento di Adolfo Callegari.

L'ordinamento dei reperti, derivante dalla collaborazione di Prosdocimi e Gherardini, fu in linea di massima rispettato dall'Alfonsi, dal Callegari e da Giulia Fogolari
rimase immutato fino al 1979, anno in cui per impellenti lavori di consolidamento, il museo venne chiuso al pubblico, e poi risistemato.

[Sunto da «Archeologia Veneta» 1983; in alto,  bronzetto della stipe della dea Reitia]

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