euganeinews
in rete dal 1996

  Volo Viaggio nella Storia

1846, di Guglielmo STEFANI

S. ELENA E LA BATTAGLIA

A sinistra del Canale d’Este, distanti otto miglia da Padova e cinque dalle terme di Abano, giacciono i bagni di s. Elena, circondati da ampie vallate, nel fianco estremo d’un monticello isolato. La stessa loro posizione e l’assoluta deficienza di reliquie storiche escludono questi bagni dalla classe di quelli che formarono le antiche Terme Aponensi.

Sembra che ivi dapprima fosse costrutto un bagno a vapore, da cui ricevesse il sito la denominazione di Monte della Stufa. Alcuni documenti accennati dal Mandruzzato nel suo eruditissimo lavoro Sui bagni di Abano stanno a favore di questa presunzione. Si ha nello stesso libro, alla cui autorità appoggiamo le presenti notizie, che sovra questo colle verso la fine del secolo XII Speronella dei Delesmanini ordinasse la fabrica di una casa per alloggiare i poveri; istituzione fondata a ricovero dei mendicanti, essendo in uso a que’ tempi le peregrinazioni votive.

Il distinto medico Savonarola prese in minuto esame quella località dimorandovi per la cura di Francesco Carmagnola, capitano della Republica Veneta. Vi aveva infatti una buona casa ad uso dei bagni e sulla sommità del monte si scorgevano le diroccate mura dell’antica Chiesa di s. Elena; ma a que’ giorni non si giugneva al colle se non per un arginello fatto ad arte e l’aria era giudicata insalubre. I medici padovani del secolo XVI fecero del loro meglio per accrescere fama a queste fonti, ma non per questo crebbe il numero dei malati, avendo anzi servito per lungo tempo di ricetto alla povera gente. Cadute quelle fabriche in potere dell’illustre professore e medico Benedetto Selvatico, questi ridusse nel 1648 a nuova forma ed a maggiore ampiezza il palagio che ora torreggia maestoso sull’eminenza del colle ed estese le colture, portò a miglior condizione le strade e i contorni. Nel maggio del 1763 assoggettata all’Eccellentissimo Magistrato di Sanità in Venezia l’esatta conoscenza dell’attività medicinale di queste acque, il sacro collegio medico di Padova esaminata la domanda, dietro uno studio accurato e molti chimici esperimenti, trovò le fonti termali di s. Elena di pari efficacia a quelle de’ colli vicini. Da ultimo nel 1794 scorgendo la stessa nobile famiglia come fosse quel sito lontano dall’abitato e privo di ombrosi passeggi edificò nuove e vaste abitazioni presso la Battaglia, lungo la riva del fiume, conducendovi con molta fatica e dispendio l’onda salubre per sotterranei aquilotti, e fatte costruire comode e numerose vasche di marmo (1). Il calore delle sorgenti di s. Elena fa salire il termometro di Réaumur a gradi 54.

***

La bella e grossa borgata della Battaglia consistente in due lunghe file di case che fiancheggiano il canale, traversato da due ponti, stà poco lungi dal Catajo e dal colle di s. Elena. Pigliò questo nome per uno scontro avvenutovi all’epoca dei Carraresi e, secondo altri, per il contrasto delle acque dei concorrenti canali. Saccheggiata nel 1327 da alcune compagnie allemanne condotte da Ricciardo da Camino in aiuto di Nicolò da Carrara, venne nel 1343 arricchita d’una sega artificiale e di altri edificii ad uso di cartiere fondate da Ubertino da Carrara, terzo signore di Padova. Ora è notabile pei lavori idraulici di recente costruzione e per le agevolate comunicazioni, anima del commercio e dell’industria.

La Battaglia è la terra più viva e si può dire il cuore dei nostri colli, ove confluisce in alcuni mesi dell’anno buon numero di forestieri da tutte parti e non sempre guidati da infermità. Mentre nell’Abano antica, e meglio nelle sue suddite terme, s’accolgono e si tuffano nell’onda salutare le genti più afflitte da morbi, alla Battaglia regna sempre maggiore ilarità ne’ visi men pallidi di quei che v’accorrono. Rade volte incontri in que’ romiti viali faccie incadaverite, spettri striscianti, grucce e stampelle; tu vi scorgi invece gentili donne, vestite di bianco, che ti vengono innanzi, come silfi; e la sera sotto i portici grandiosi dello stabilimento o lungo il margine del canale ilari brigate si adunano e ai lieti conversari succedono canti, danze, e s’aprono tavolieri da gioco e colloqui geniali.

La vita dei bagnanti è una vita sui generis. Soffra o non soffra, si bagni o resti sempre all’asciutto, quando uno dorme sotto quel tetto e mangia a quella tavola, viene ascritto a quella società, e bisogna che se ne stia cheto a’ suoi ragionamenti, o viva soletto. S’intavoli quindi una partita di piacere, una passeggiata romantica al castello del Cataro, una merenda fra le rovine di Rua, una asinata in Arquà, il bagnante ci deve prender parte a dispetto dei reumi e delle ricette dei medici. Nelle comitive ve ne ha d’ogni nazione, d’ogni età, d’ogni sesso; dalla bruna veneziana alla pallida inglese; e greci e dalmati e levantini, in maggior numero; quali sepolti nella classica nostra cravatta e fasciati dalla prosaica velada, quali nel pittoresco loro costume. Ed ognuno in quelle corse è amico, fratello; duchi, magistrati, commercianti; dotti ed indotti, tutti in quel santuario della salute sono eguali. Più volte si è veduto una gran dama discendere a furtivi colloqui fra il chiaro e scuro dei platani con uno studente, e il principotto elegante stringer la mano alla forosetta, alla serva... cose solite in tutti i luoghi dei bagni ed altrove. Quando arriva un nuovo bagnante la è una curiosità, un interrogarsi a vicenda per saperne il nome, la condizione, il paese; ed infatti non e irragionevole questo desiderio se il forastiere deve esso pure formar parte della recente famiglia. Ma io andrei troppo per le lunghe se volessi parlarvi della vita intima dei bagnanti, dei misteri notturni, che al levare del sole non son più misteri e durano fino al tramonto. Ci sarebbe di che scrivere un romanzo mostruoso, o per lo meno un dramma in sei quadri; mentre se vi ho mostrato tutto il color di rosa di questa vita, vi ha un’altra pagina nera nera che potrebbe formare il seguito a quella commedia di Scribe intitolata La Calunnia, la cui scena ha luogo nei bagni di Dieppe.

Guglielmo STEFANI

 

(1) Il palagio, e le adiacenti fabriche passarono quindi nelle mani dell’operoso cittadino sig. A. Meneghini che recò vantaggi grandissimi alla fertilità delle circostanti campagne ed all’amenità del sito. Ora sono possedute, dalla cont. Maria de Wimpfen nata Baronessa d’Esckeles la cui agiata condizione ed il vivo amore per le arti belle ci sono garanti di non lievi miglioramenti così negli stabilimenti termali, come nella casa magnatizia, molti dei quali sono già in lavoro, molti in progetto e di non lontana esecuzione.

Da: Strenna dei Colli Euganei (1846, a cura degli editori del «Giornale Euganeo» J. Crescini, G. Stefani – ripresa in I Colli Euganei (Bologna 1978, Riedizione anastatica, Atesa Editrice).

Torna su

 

- Villa Selvatico
1593, la famiglia Selvatico, che ha acquistato l'area dai Lion, dove già esisteva un edificio, inizia dei lavori di rimaneggiamento;
1645 ca, Benedetto Selvatico comincia a dare alla villa la fisionomia attuale;
sarà lo storico Francesco Cessi a occuparsi per primo organicamente della storia della villa:
- Lorenzo Bedogni (Reggio Emilia?-Padova 1670) progetta l'edificio, ridimensionando sostanzialmente il ruolo dello "scalpellino" Tomio Forzan, per tradizione l'ideatore del nuovo complesso;
- Luca Ferrari (Reggio Emilia 1605-Padova 1654) decoratore degli interni.

Volo Viaggio nella Storia